La conferma del metodo Schlein

Il Campo largo conferma le proprie vittorie in Campania e Puglia, mentre per Meloni anche il Veneto è una sconfitta. Tra le altre notizie: forse c’è una tregua in Sudan, la protesta degli operai dell’Eurallumina, e il side hustle globale degli account troll di politica statunitense

La conferma del metodo Schlein
Foto via Instagram, @ellyesse

Le elezioni regionali sono andate come previsto: Veneto alla destra, Campania e Puglia al centrosinistra. Ci sono alcune considerazioni politiche da fare sulla situazione interna alle coalizioni e, in generale, sugli equilibri che si verranno a creare tra i vari partiti, preziosi per iniziare a intavolare la corsa verso le prossime elezioni politiche. In Veneto, dove la destra ha vinto con il 64,39%, il dato principale è la tenuta della Lega, ai danni di Fratelli d’Italia, che puntava a diventare il primo partito della regione: in realtà non c’è mai stata partita: Lega – Liga Veneta ha preso il 36%, mentre FdI si è fermata sotto il 19%. I veneti hanno confermato quindi l’eredità politica di Zaia, che pur non potendo ricandidarsi ha influenzato notevolmente “a distanza” le elezioni. Il vincitore Alberto Stefani, di soli 33 anni, è anche un fedelissimo di Salvini, che dunque può incassare una parziale vittoria politica dopo anni di batoste. Continua a non essere chiaro cosa intenda fare ora Zaia: c’è chi lo vede come prossimo direttore di Eni, chi lo vede come prossimo sindaco di Venezia, chi come successore di Salvini alla segreteria federale della Lega… (Eligendo / Domani, dietro paywall)

Le percentuali venete sono simili a quelle pugliesi, dove Antonio Decaro ha vinto con il 63,97%. L’ex sindaco di Bari, che aveva accettato la candidatura dopo il goffo tentativo di silurare gli ex presidenti Vendola ed Emiliano, ha vinto con un ampissimo margine sulla coalizione di destra. La corsa era anche qui piuttosto scontata, anche se il margine — addirittura superiore a quello della coalizione di destra in Veneto — è notevole. Decaro potrebbe essere anche un possibile sfidante a Schlein per un eventuale tentativo dell’ala destra del Pd di riappropriarsi della segreteria del partito. (Eligendo)

Va detto che ora la posizione di Schlein sembra molto forte, grazie soprattutto al successo in Campania: il candidato Roberto Fico, in quota M5S, ha vinto con un margine superiore alle aspettative — secondo alcuni sondaggi la regione sarebbe stata addirittura contendibile per la destra — e ha dunque sancito la vittoria della linea politica di Schlein, quella dell’essere “testardamente unitaria.” Per ottenere una coalizione unita, la segretaria del Pd ha dovuto mandare giù la preservazione del potere della famiglia De Luca in Campania e l’espressione del candidato a una forza minoritaria come il M5S: è indubbio però che il cosiddetto Campo largo esca molto più forte da questo giro di elezioni regionali soprattutto grazie al voto campano. Conte può incassare il successo del candidato del suo partito, anche se il M5S sperava in un risultato migliore a livello di liste, dato che si è fermato al 9,12%. Come hanno fatto notare alcuni commentatori, a dispetto della propaganda incrociata la coalizione di centrosinistra potrebbe avere discrete possibilità di vittoria se si andasse a votare oggi — non per caso il fedelissimo di Meloni, Donzelli, ha già ribadito di voler lavorare per cambiare la legge elettorale, formalmente in nome della stabilità. (Eligendo / X / la Repubblica)

Il dato principale, però, probabilmente resta quello dell’astensione, che ormai per le regionali veleggia ben sopra al 50%. In tutte e tre le regioni è andato a votare meno della metà degli aventi diritto, con la partecipazione pugliese che si è fermata al 41,83%. È senza dubbio segno di una sempre maggiore disaffezione alla politica da parte dei cittadini, ma ci sono anche altre analisi rilevanti: con percentuali di astenuti così alte, diventano sempre più importanti i gruppi di voti mossi da notabili locali. Inoltre, in queste elezioni in particolare, si è visto che l’effetto “carro del vincitore” è particolarmente significativo: quando un candidato è favorito, magari perché ha alle spalle una maggioranza uscente forte — e si è visto che le regioni sono sempre più potentati e feudi locali — gli è sempre più facile stravincere. In realtà, non si sta facendo abbastanza, o qualcosa, del tutto, per favorire il ritorno al voto. A partire dalle cose più semplici: per gli elettori fuorisede più giovani tornare a casa a votare spesso è semplicemente troppo caro — un caso particolarmente evidente in queste elezioni, in cui tanti avrebbero dovuto scegliere se tornare a casa per votare o per le feste. (Eligendo / Corriere della Sera)